Domenica, 04 agosto 2019, è andata in scena la 55esima edizione della traversata dello Stretto, tradizionale e prestigiosa gara di fondo del circuito FIN.
Quest’anno, dopo oltre un trentennio, l’arrivo era previsto al porticciolo di Villa San Giovanni, con un allungamento del percorso rispetto al passato di circa un km (da 5,2 a 6,2).
Tra la miriade di competizioni del circuito estivo, la Traversata dello Stretto, ha un fascino tutto particolare, vuoi per la location ricca di simbologia ed evocatrice di miti legati al mare, vuoi per il numero chiuso che, per motivi di sicurezza, permette solo a pochi “fortunati” di prendervi parte, vuoi infine per i racconti epici o grotteschi, esilaranti o drammatici che vengono tramandati di edizione in edizione e legati alle famigerate correnti di quel tratto di acqua salata.
Quest’anno per la Rari Nantes Salerno gli atleti scesi in acqua erano: Biagio Abate M25, Luca Parrella M30 e Ivano Quaranta M45.
Tutti i sopramenzionati nuotatori hanno terminato la loro prova, cosa non scontata visto l’elevato numero di ritiri/squalifiche: ben 13 sugli 80 iscritti, compreso atleti che appena un mese prima avevano brillantemente concluso e si erano distinti in prove come la 15km di Castellabate.
I nostri ragazzi, ognuno con la sua storia ed i propri obiettivi, può ritenersi soddisfatto del risultato conseguito: Abate primo di categoria con un’ora e 24 minuti, Parrella quarto con un’ora e 14, Quaranta sesto con un’ora e 39.
E’ risaputo che le gare in acque libere sono ben diverse da quelle in vasca, ciò per vari fattori legati alle capacità dell’atleta e ad elementi naturali.
Nel caso specifico, un parametro esogeno rispetto all’abilità o allo stato di forma del nuotatore è il barcaiolo che l’organizzazione abbina in maniera casuale (per sorteggio) all’atleta, agonista o master, di turno.
Solo chi ha affrontato la prova sa quanto può essere determinante il barcaiolo che la dea bendata decide di assegnarti.
Per chi legge questo breve resoconto ed a beneficio di chi deciderà di cimentarsi con la Gara per antonomasia, all’arrivo ci si arriva o ci si dovrebbe arrivare così: da Villa San Giovanni gli atleti vengono accompagnati sulla costa siciliana con lo start previsto alle ore 11:00.
E’ facile immaginarsi che per rendere sicuro un tratto di mare così trafficato l’organizzazione deve essere impeccabile (e da questo punto di vista nulla quaestio).
Al segnale del giudice inizia la traversata con un primo tratto (in acqua bella fresca per usare un eufemismo) di circa un km da percorrere sotto costa in direzione nord.
Si arriva così alla prima boa di virata obbligatoria da lasciare alla propria destra.
Da quel punto ha inizio la traversata vera e propria, circa 4 km da percorrere in acqua quasi termale tra qualche medusa e con il proprio “spirito guida”, ergo il barcaiolo di turno che dovrebbe (qui il condizionale è d’obbligo) condurti alla seconda e decisiva boa di virata, da lasciare sempre alla propria destra per poi proseguire per un altro km abbondante in direzione sud con le correnti a quel punto a favore.
Fin qui sembra facile.
Già il ricongiungimento tra atleta e barcaiolo non è così immediato (fondamentale è la presenza di un accompagnatore di fiducia sulla barca).
Sennonché, gli atleti che sono stati assistiti da un barcaiolo, come dire, non particolarmente concentrato o che non ha tenuto conto delle forti correnti, giungono sulla costa calabrese e lì, solo lì, si rendono conto di avere la boa di virata alla propria sinistra, chi a poche decine e chi a diverse centinaia di metri.
In quel momento si consuma un piccolo dramma emotivo e sportivo, con il nuotatore che realizza di essere stato penalizzato dal suo barcaiolo. A mente fredda ci si diverte a commentare l’accaduto, ma in quel momento l’atleta che è costretto a nuotare contro corrente tipo salmone vorrebbe dirne quattro al tizio sulla barca (c’è chi non si è astenuto e l’ha fatto sul serio in diretta…).
Può capitare così che, dopo circa 5 km di nuotata tutto sommato tranquilla, inizia la roulette dell’ultimo tratto.
Dopo aver virato alla seconda boa (per chi ci riesce) si corre, almeno quest’anno andava così, di nuovo in acque a tratti freddissime verso l’arrivo.
Chi arriva a toccare il tabellone prova una grande soddisfazione (in particolare chi ha affrontato la risalita verso la seconda boa) e da lì inizia un altro momento sempre suggestivo: il confronto con gli altri atleti, in particolare i propri compagni di squadra, con tutti i racconti che andranno a monopolizzare le ore immediatamente successive alla prova e ad alimentare la leggenda di questa gara, suggestiva, epica, emozionante, sicuramente sui generis.
Una cosa è certa: in tutti i partecipanti, sia in chi è andata bene sia in chi ha avuto qualche disavventura lungo il tragitto, affiora immediatamente la voglia di ripetere un’esperienza, comunque unica nel suo genere.
Dunque, per tutti, l’appuntamento è all’edizione del prossimo anno, la 56esima, da vivere sempre con l’entusiasmo che caratterizza chi ama questo sport.
di Ivano Quaranta, capitana squadra Nuoto Master Rari Nantes Salerno