La piccola ucraina ha preso parte al progetto “SuSportiamo l’inclusione”, realizzato dalla ASD Rari Nantes Nuoto Salerno in partenariato con Ai.Bi. e la cooperativa sociale Galahad
Quando ha messo per la prima volta piede in piscina era piuttosto spaventata, ma anche incuriosita. Non sapeva nuotare e non aveva mai visto tanta acqua in cui immergersi per affrontare una nuova sfida.
Alla fine del percorso ha sviluppato una grande passione per questa disciplina al punto da chiedere a sua madre Alina di metterla nelle condizioni di continuare a seguire le lezioni per provare a gareggiare insieme ai suoi coetanei.
Polina è una bambina ucraina di dieci anni. E’ arrivata a Salerno, come tantissime sue connazionali, all’indomani di una guerra feroce consumata alle porte dell’Europa che ha prodotto morti, feriti, devastazioni. Come gli altri suoi coetanei era intimorita, angosciata da un cambiamento che né lei né gli altri avevano scelto e traumatizzata dall’orrore che aveva vissuto sulla sua pelle. “Anche per questo non ho esitato a farla partecipare a un progetto bellissimo che ci ha regalato tante emozioni – racconta Alina – E’ stata un’esperienza fantastica che sarei pronta a rifare anche perché mia figlia ha avuto l’occasione di sentirsi parte di una nuova famiglia e di stringere relazioni di amicizia con tanti bambini e bambine italiane, senza sentirsi mai esclusa o diversa”.
E’ questo lo spirito del progetto “SuSportiamo l’inclusione”, realizzato dalla ASD Rari Nantes Nuoto Salerno, con il contributo del Dipartimento per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in partenariato con Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini e il Centro per la Legalità della cooperativa sociale Galahad. Nello specifico, il progetto mirava a promuovere la convivenza pacifica e il dialogo interculturale tra giovani e famiglie straniere ed italiane nella città di Salerno, attraverso la pratica sportiva e la creazione di una rete territoriale pubblico-privata.
L’obiettivo, anche questa volta, sembra essere stato raggiunto.
“Polina ha imparato tanto seguendo questo percorso – continua la mamma – Innanzitutto ha imparato a nuotare e a non avere paura dell’acqua. Piano piano ha acquisito dimestichezza con questo sport che le è entrato nel cuore e adesso vorrebbe addirittura gareggiare perché ha compreso quanto sia importante fare squadra e quanto sia bello potersi fidare di un gruppo di nuovi amici che condividono gli stessi interessi. Per noi che veniamo da un’esperienza triste come quella della guerra e che siamo stati costretti a rivedere tutte le nostre abitudini, è stato fondamentale. Ci ha aiutato a non sentirci estranei e a vivere nel quotidiano cosa significano le parole solidarietà e accoglienza”.