L’esperienza del formatore Angelo Coscia, chiamato da Ai.Bi., all’interno del progetto “SuSportiamo l’inclusione”
Combattere il pregiudizio non è un’impresa facile, anche se si tende a dare per scontato il valore dell’inclusione e il principio dell’accoglienza. Eppure, come sostiene Mario Vargas Llosa, nessuno protegge meglio un essere umano contro la stupidità del pregiudizio, del razzismo, del settarismo religioso e politico e del nazionalismo esclusivo che questa verità che invariabilmente compare nella grande letteratura: gli uomini e le donne di ogni luogo e nazione sono essenzialmente uguali e solo l’ingiustizia semina tra loro la discriminazione, la paura e lo sfruttamento.
E’ da queste considerazioni che è nato il progetto “SuSportiamo l’inclusione”, realizzato dalla ASD Rari Nantes Nuoto Salerno, con il contributo del Dipartimento per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in partenariato con Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini e il Centro per la Legalità della cooperativa sociale Galahad.
Lo scopo generale è quello di promuovere la convivenza pacifica e il dialogo interculturale tra giovani e famiglie straniere ed italiane nella città di Salerno, attraverso la pratica sportiva e la creazione di una rete territoriale pubblico-privata.
Una delle tappe di questo progetto si è svolta presso gli spazi dell’I.C. San Tommaso d’Aquino dove Angelo Coscia, formatore chiamato da Ai.Bi., ha incontrato due gruppi di ragazzi per ragionare di diseguaglianze e aperture, in un contesto non propriamente semplice. “Abbiamo fatto un lavoro incentrato sul tema del pregiudizio e sul significato più profondo dello stare insieme – racconta – L’attività si è svolta attraverso due momenti. In una prima fase, attraverso la tecnica Tangram abbiamo fatto capire agli alunni che, per realizzare un’unica figura, occorre il contributo e l’ascolto da parte di tutti”.
Non a caso i cinesi chiamavano Tangram le tavolette della saggezza, evidenziando il valore della concentrazione e della conoscenza di un gioco che mira a cementare lo spirito del gruppo.
“In una seconda fase – continua il formatore – abbiamo proiettato il cortometraggio Il circo della farfalla, una storia di riscatto, speranza e salvezza che è incentrata sul miracolo dell’amore e che ci ha consentito di affrontare, nel dibattito, tematiche molto importanti”. Non è stato semplice: “Alla fine siamo riusciti a incuriosire i ragazzi, ma in una prima fase abbiamo riscontrato delle difficoltà legate a una situazione di disagio sociale in cui sono inseriti – dice – La percezione avuta è che molti non hanno grande passione per il percorso scolastico in generale, né sono intenzionati a continuare per il futuro se non per quello strettamente necessario. Questo naturalmente non è un aspetto positivo ed occorre lavorare per inculcare in loro la passione, di concerto con il corpo degli insegnanti”.
Un altro aspetto evidenziato da Angelo è che “sembrava essere quasi inesistente uno spirito di gruppo, che invece dovrebbe essere una base di partenza per costruire nuove relazioni e generare il supporto reciproco nei momenti di maggiore difficoltà”.
L’obiettivo del progetto è infatti quello di aiutare soprattutto i giovani a capire quali sono le forme di bullismo e di razzismo, ad entrare in sintonia con le emozioni altrui e a sviluppare una maggiore collaborazione, comprensione e dialogo tra pari, per migliorare il benessere e l’autostima.